Dialogo tra uno scettico curioso e un ayurvedico Convinto [4]

agni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Autore: Dott. A. Chiantaretto

 

A.   Allora , hai digerito i concetti di base che ho cercato di inculcarti? Si tratta davvero di una digestione, non si digeriscono soltanto i cibi, ma anche i pensieri. C’e’un Pitta -un Agni- anche per quello, per la digestione dei pensieri…

 

S. Ecco, ecco, guarda lì, hai presente quando si dice “quel signore mi sta sullo stomaco” o “quella lì proprio non la digerisco”?

 

A. Certo, anche i sentimenti e tutto il resto viene digerito cioè metabolizzato e messo in circolo in tutto il nostro essere.

 

S. A proposito di digestione, stasera devo lasciati un po’ prima perché ho una cena con gli amici…

 

A. Alt ferma lì! Non voglio neanche sapere il menu’, non sconvolgermi, la prossima volta mi dirai che cosa hai mangiato e  mi metterò le mani nei capelli e vedrò di spiegarti tutte le nefandezze che tu e tuoi amici avete commesso…così te ne ricorderai meglio…

 

S. A proposito non mi hai ancora raccontato nessun aneddoto, qualcosa di Ayurveda, tanto per farmi bello con gli amici, insomma, dai dimmi qualcosa…

 

A. Ah beh, mi fa piacere che tu parli di Ayurveda con i tuoi amici, mangiando magari un succulento stinco di maiale. Dai, ti racconto qualcosa sulla chirurgia ...

 

S. Gasp, c’era anche la chirurgia?

 

A. Certo la chirurgia c’è sempre in qualunque medicina, come fai sennò a rabberciare le ferite della guerra, le ferite della caccia etc.. etc…è  così, purtroppo, che le cose progrediscono e ti racconto un intervento di chirurgia plastica…

 

S. Ma adesso non  mi verrai  mica a raccontare che facevano anche la liposuzione? Se racconto queste cose, stasera  mi rovesciano in testa tutto il sugo dello stinco!

 

A. Ascolta e impara! Se il tuo pitta te lo permette! Allora, quando arrivano gli inglesi con la Compagnia delle Indie, ovviamente si portano dietro i loro medici, non per curare i nativi, ma per il loro personale, ufficiali, impiegati, esattori, etc...etc… 
Anche se erano rozzi medici militari inglesi, non erano nè ciechi, nè stupidi e videro che i nativi,  in condizioni diciamo cosi un po' ruspanti, praticavano una rinoplastica,  cioè una ricostruzione del naso. E si stupirono che ci fosse un intervento cosi, come dire, poco d’urgenza. Pertanto lo impararono e lo misero nel loro repertorio e questo intervento rimase nella pratica della chirurgia occidentale fino alla fine dell’Ottocento.  Di fronte a lesioni del naso, procedevano cosi: disegnavano il contorno di una foglia sulla fronte proprio sopra la radice del naso tra le sopracciglia, e eseguivano quello che si chiama lembo, incidevano lungo il contorno, scollavano la pelle dagli strati muscolari sottostanti e NON lo asportavano per poi attaccarlo al naso lesionato, ma lo giravano sulla lesione. Avevano, cioè capito, che se avessero portato via il pezzo di pelle non sarebbero mai riusciti ad attaccarlo, perchè se il tessuto, la pelle, non è nutrita dal sangue, muore e quindi non serve. Facevano quindi il lembo cutaneo, lo giravano sul naso, gli mettevano sopra un impasto di estratto  di erbe medicate, sostanzialmente a base di Neem (Linn. Azadirachta indica), fasciavano  e voilà il naso era pronto!

 

S. Incredibile, ma come mai esisteva un intervento cosi raffinato per quei tempi ?

 

A. Buono, buono!  Cosa scoprirono gli inglesi?  Che l’intervento aveva una valore aggiunto sociale assai alto, in quanto,  gli  antichi codici di leggi che regolavano il  diritto tradizionale hindu, contemplavano che il marito che avesse sorpreso la moglie in flagranza di adulterio, poteva dare un mozzicone il più forte che poteva al naso del fedifrago, che quindi avrebbe portato assai visibile la prova del suo “operato” e  sarebbe stato così esposto alla pubblica riprovazione. Ed allora uno si faceva ricostruire il naso!  

 

S. Incredibile…! Ma dai raccontami qualcos’altro!

 

A. Va beh, ti accontento! Secondo te quali sono gli scopi che l’uomo deve raggiungere nella vita? 

 

S. Uhm, non né ho idea!

 

A. Devi sapere che secondo l’Ayurveda e per  l’Hindu tradizionalista, ci sono quattro fini fondamentali che l’uomo deve raggiungere e prendono il nome di  PURUSARTHA
  • rispettare il Dharma (dovere e virtù) -  cioè la legge etica sia della casta, che quella individuale quindi praticare la generosità e la carità, comportandosi rettamente, non facendo male a se stessi ed agli altri, purificando l’anima.
  • realizzare l’Artha (prosperità) - il successo, la realizzazione  materiale, il denaro (Calvino ai suoi tempi diceva “Homo sine pecunia imago mortis”..) grazie al quale possiamo essere individui autosufficienti e possiamo avere la possibilità di evolverci spiritualmente.
  • il kama (piacere) - inteso sia come  piacere fisico, sia come piacere nell’ascoltare buona musica, piacere nel saper gustare un buon pasto, nell’essere in grado di saper apprezzare un bel paesaggio, dimostrare entusiasmo e gioia di vivere, soddisfacendo tutti i desideri sinceri, accettando tutti gli accadimenti della vita.

 

S. Caspita, farò un figurone stasera… ed il quarto fine?

 

A. Stasera dedicati al kama  del cibo, per il quarto -moksha- hai ancora tempo….

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