Dialogo tra uno scettico curioso e un ayurvedico Convinto [2]

chakra

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Autore: Dott. A. Chiantaretto
 

A: Dove eravamo rimasti? Ah sì, alla digestione... Dunque, dicevi: «ma cosa succede dopo che Agni ha finito il suo lavoro»? Agni, ossia il fuoco digestivo, lavora nello stomaco e nel duodeno. Per essere più precisi, Agni si può intendere come l’insieme degli enzimi digestivi (compresa ovviamente la bile), quelli del pancreas, del fegato ecc. Alla fine di tutto questo processo, il cibo è pronto per essere assorbito e portato ai vari organi, ed ecco che entra in scena un altro Dosha.

S: Ahi, Dosha che? Dosha chi? Cos’ è Dosha? Non ti seguo!

A: Calma, se non ti avevo ancora parlato dei Dosha, mi scuso e ti spiego.

S: Quando cominci con il dunque, io inizio a preoccuparmi; perché non mi racconti qualcosa di curioso, aneddoti… Qualcosa sulla chirurgia che mi stava appassionando?

A: Aspetta. Non siamo qui a pettinare le bambole con gli aneddoti, ma per farti conoscere un altro modo di vedere il mondo e l’uomo. Allora, ci sono tre grandi entità (per ora chiamiamole così), oppure semplicemente «cose». Beh l’Ayurveda, per farla breve, le chiama Dosha. Parola difficilissima da tradurre. Ti ricordi cosa si dice delle traduzioni in genere?

S: Boh…

A: «Tradurre» è un po’ come tradire e, per l’Ayurveda, sa il cielo quanto è vero! I maestri dai quali ho imparato indicano Dosha come «entità morbigena», ossia che «può» determinare una malattia, ma non necessariamente. È chiamato Pitta, il Dohsa che agisce nello stomaco e, in generale, nella digestione. Poi c’è il Dosha che fa muovere le cose nel corpo umano, a cominciare dall’aria la cui caratteristica principale è proprio quella del mobilità. Gli ayurvedici lo chiamarono «Vata». E poi nel nostro corpo…

S: C’è ancora dell’altro?!

A: Certo che c’è dell’altro, ci sei tu ad esempio, che hai il tuo Agni, il tuo Vata e poi hai il tuo corpo fisico, fatto di materia e di acqua… O no?

S: Mi hai convinto e allora?

A: E allora il Dosha della massa corporea si chiama «Kapha», e così il cerchio si chiude: Vata, Pitta e Kapha sono i tre Dosha, le tre entità morbigene su cui si basa il funzionamento dell’essere vivente; se sono in equilibrio va tutto bene, ma se non lo sono ecco che da morbigene incominciano a nuocere e possono trasformarsi in malattia. Morbigeno in latino vuol dire che fa nascere un morbo. Ci può essere lo squilibrio di Vata, in eccesso o in difetto, oppure lo squilibrio di due o addirittura dei tre i Dosha. Tu cosa dici, qual’è più grave: lo squilibrio di un Dosha, di due o di tre?

S: Sai cosa mi sembra? Il gioco delle tre carte, hai presente? Anzi, persino più complicato da capire e da curare.

A: Ti perdono perché non sai quello che dici. Però hai ragione su una cosa: il gioco delle tre carte, come paragone, proprio non mi era mai venuto in mente, ma è vero che in Ayurveda è sempre un «giro a tre», mai a due, e quindi l’equilibrio è ancora più complesso.

S: E sai quindi come deve essere facile da mantenersi in equilibrio…

A: Invece è facile e te lo dimostrerò. Prima, però, finisco la chiacchierata di oggi con una notizia che ti lascerà di stucco. Vata, il principio di movimento, nella fisiologia moderna è il catabolismo; Pitta, il principio di trasformazione, il metabolismo; Kapha, il Dosha della massa, l’anabolismo. Ed eccoti la notizia: non c’è nessuna differenza d’impostazione nell’interpretazione dei processi fondamentali della biologia dell’essere vivente tra l’Ayurveda e la scienza moderna.

S: Uhm, non capisco tutto, mi sembra un colpo basso. Così non ti posso più accusare di raccontarmi antichità, ci devo pensare!

A: Pensa, poi mi dirai cosa succede, secondo l’Ayurveda, quando pensi… Come funzionano e come sono coinvolti Vata, Pitta e Kapha?

 

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